DI ALFREDO FACCHINI
Un altro, un altro ancora
Tutti ragazzini. Lui è Saddam Rajab. Aveva undici anni. Un’età sospesa tra l’infanzia e il desiderio di diventare un ragazzo.
Saddam era un bambino che non avrebbe mai dovuto conoscere la guerra, l’odio, il rumore sordo degli spari nel cuore della sua città. Il 28 gennaio 2025, nel campo profughi di Nour Shams a Tulkarem, la sua vita è stata spezzata da un colpo sparato da lontano. Un cecchino, un terrorista sionista, ha premuto il grilletto. Un proiettile ha attraversato il suo piccolo corpo, si è conficcato nella schiena.
Saddam non era una minaccia. Non brandiva armi, non lanciava pietre. Stava solo camminando.
Hanno cercato di salvarlo. Portato d’urgenza in ospedale a Ramallah, i medici hanno lottato, hanno sperato. La sua famiglia ha vegliato accanto a lui, come a trattenerlo ancora un po’, come a implorarlo di restare. Ieri, il suo cuore ha smesso di battere.
Negato anche il diritto di crescere
Ora Saddam non tornerà a casa. Non attraverserà più di corsa le strade polverose di Tulkarem. La sua infanzia è finita sotto il fuoco di un genocidio, di un’occupazione che gli ha rubato ogni diritto, persino quello di crescere.
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Alfredo Facchini