DI ALFREDO FACCHINI
Ucraina: La scelta dell’Occidente, Europa in testa
Sin dall’inizio dell’invasione russa, l’Occidente, e in particolare l’Unione Europea, ha scelto di chiudere gli occhi di fronte alla cruda realtà dei rapporti di forza. Ostinandosi a ignorare l’evidenza, ha intrapreso un cammino costellato di errori fatali. Chiunque osasse sollevare dubbi o invitare alla riflessione veniva irriso, screditato, ridotto al silenzio con l’accusa di essere filo-Putin. Il dibattito è stato soffocato sotto il peso di un conformismo bellico, in cui ogni voce dissonante veniva schiacciata senza appello. Hai voglia a dire: occhio, gli Stati Uniti faranno affari d’oro con le vendite di armi, petrolio e gas, mentre l’Europa affonderà in una crisi economica epocale. Il vecchio continente non solo ha subito contraccolpi economici e sociali devastanti, ma ha spianato la strada anche ad una estrema destra populista e fascistoide: Francia , Germania, Austria docet.
Ignorate le cause del conflitto
Nonostante i ripetuti richiami a una comprensione profonda delle cause del conflitto, questi sono rimasti inascoltati. La crisi non nasce infatti con l’invasione russa del 2022, ma è il frutto di una lunga destabilizzazione del quadro politico ucraino e delle crescenti spinte autonomistiche del Donbass russofono, sostenute da Mosca e represse da Kiev. Queste tensioni, mai realmente risolte, sono rimaste in sospeso a seguito del fallimento degli accordi di Minsk, firmati nel 2014 e nel 2015. Gli avvertimenti sull’effettiva capacità di resistenza dell’Ucraina sono stati ampiamente ignorati, nonostante le sconfitte sul campo e l’alto numero di diserzioni. Neppure lo schiaffo della realtà sembra aver insegnato qualcosa. Se c’è una risposta a cui l’Europa oggi si sta preparando, non è la ricerca di una soluzione diplomatica, ma il riarmo, nella speranza ostinata di portare avanti la guerra fino a una vittoria fantascientifica.
E dopo il danno arriva la beffa
Ora, dopo il danno, arriva anche la beffa. L’Europa, che aveva sperato di giocare un ruolo centrale nella risoluzione del conflitto ucraino, si vede esclusa dai negoziati di pace, come sentenza di una sua impotenza politica. A rendere ancora più amara questa verità è la voce di Keith Kellogg, inviato speciale per il conflitto sotto l’amministrazione Trump, che senza mezzi termini annuncia: “L’Europa non avrà un posto al tavolo delle trattative.” Una umiliazione senza precedenti per una classe politica europea incapace di alzare lo sguardo oltre i propri interessi di corto respiro. Talmente corrotti da non accorgersi che la loro debolezza e divisione hanno spalancato la porta a chi, al di là dell’Atlantico, ha colto al volo l’opportunità di riscrivere le regole del gioco. Non più titani della pace, ma mendicanti di consenso, costretti a guardare da lontano mentre il destino dell’Ucraina viene deciso senza di loro.
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Alfredo Facchini