L’Europa dei Serra

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Il “manifesto” di Michele Serra

Stamattina mi sono preso la briga di leggere il Manifesto di Michele Serra. Al netto del mio pregiudizio consolidato nel tempo nei confronti dei vari Serra, Mieli, Rampini, Annunziata… insomma, tutta quella gente che ha battuto i marciapiedi della “sinistra rosé”, ho trovato la sua ingenuità disarmante, al limite del patetico.
Serra scopre solo ora, cadendo dal pero, un’Europa che da decenni non è altro che un cimitero di diritti, un moribondo amministrativo che venera spread e tecnocrati, mentre sacrifica sull’altare dei conti in ordine: salari, pensioni e servizi pubblici.
Strilla di “identità europea dal basso”, salvo dimenticare che l’unico “basso” che l’Europa conosce è quello delle condizioni dei lavoratori, schiacciati da un’austerità sadica, mentre i banchieri giocano a Monopoli con i derivati.
Oggi l’Europa si scopre fragile, schiacciata tra le potenze globali, incapace di parlare con una voce sola, unicamente perché non ha mai voluto essere l’Europa dei popoli, ma solo quella dei mercati e delle gang finanziarie.
Serra, per caso, ricorda la Grecia che osò alzare la testa nel 2015, per poi per essere stritolata dalla morsa della Troika?
“O si fa l’Europa o si muore”, sentenzia Serra. Ma quale Europa? Quella che finanzia corazzate? Quella che lascia annegare disperati nel Mediterraneo? Quella che non ha mosso neanche un mignolo per il genocidio di Gaza?
L’Europa di Maastricht, che ha svuotato il welfare, privatizzato la sanità, precarizzato il lavoro in nome del dio Concorrenza?
– Serra lancia il suo sassolino retorico, aspettando un miracolo.
Le uniche pietre da lanciare sono contro le élite neoliberiste che hanno bullizzato i diritti sociali sull’altare del pareggio di bilancio.
E che dire della sua piazza “senza bandiere”?
Chi è di Sinistra non può ridursi a sventolare stendardi blu, mentre la gente fa la fila alle mense dei poveri. Se non vogliamo un’Europa del riarmo, smettiamola di recitare il mantra dell’unità e iniziamo a pretendere la testa dei burocrati: redistribuzione, disarmo, welfare universale.
Le risposte non arriveranno mai da chi ci ha trascinato verso il baratro. Senza una rivolta contro gli Dei del Prodotto Interno Lordo, il suo appello non è altro che l’ennesima foglia di fico per sedare il dissenso.
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Alfredo Facchini