DI ENNIO REMONDINO
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Caos Europa, 27 problemi di politica interna per la proposta della Commissione sul riarmo. Intanto di scopre che il piano da 800 miliardi sbaglia i numeri. E questo non è il solo fraintendimento sul ‘ReArm Europe’, di cui la Commissione deve ancora chiarire diversi aspetti. Poi la crisi politica interna italiana. Al Parlamento Europeo sia il PD che la destra divisi al loro interno. PD diviso a metà sul piano di riarmo, la destra governativa con tre posizioni sull’Ucraina.
L’armata Brancaleone
L’Europa che vorrebbe sfidare la prepotente leadership occidentale di Trump avendo deciso per una sua parte per ora maggioritaria che il suo nemico prossimo è la Russia di Putin, di riarmarsi, anche se con armamento sempre americano ma autonomamente dalla Nato -ombrello atomico compreso-, che potrebbe persino scomparire. Qualche furberia procedurale della Commissione che con l’urgenza toglie la questione all’approvazione del Parlamento europeo, e la stessa assemblea che ne discute dopo arrabbiandosi. Gli schieramenti politici europei al loro interno, e quelli dei singoli stati, Italia prima a forse più di tutti. Ma ne vedremo ancora delle belle. Tipo scoprire che piano di riarmo ReArm Europe che sarebbe di 800 miliardi di euro, è al momento fantasia. Un numero al centro dello scontro tra i pro e i contro che al momento è in massima parte ipotetica: frutto di una simulazione fatta dai funzionari della Commissione per stimare il possibile impatto di ReArm Europe nei prossimi quattro anni. Ursula Ursula…
Troppa fretta di apparire
E questo non è neanche l’unico fraintendimento emerso dal dibattito, ce ne sono altri sempre legati al fatto che ReArm Europe non è definito: la Commissione deve chiarire altri aspetti centrali sul funzionamento del piano, e per conoscerli bisognerà attendere almeno un paio di settimane. Von der Leyen lo ha presentato in durante una conferenza stampa di appena 6 minuti, nella quale ha prudentemente detto che il piano «potrebbe mobilitare fino a circa 800 miliardi». Solo al prossimo Consiglio Europeo i capi di Stato e di governo avranno aggiornamenti sul progetto di legge che definirà il piano. Al momento l’unico aspetto finanziario più o meno certo del piano sono i 150 miliardi di euro del programma ‘Security action for Europe’: in sostanza un nuovo debito comune che la Commissione emetterà per finanziare eventuali prestiti a cui gli Stati membri potranno ricorrere per aumentare i loro investimenti nel settore difesa. Con commesse e progetti che dovranno essere condivisi da almeno due governi. 27 eserciti diviso due?
Altri debiti difficili da sostenere
Comprare armamento dove? Ancora i ‘meno amici’ Stati Uniti? La Francia vuole armi di casa, l’Italia è filo americana. Il ‘prestito’ Ue da 150 miliardi: chi convince chiederlo? Per gli Stati ‘forti’ meglio il mercato. Per gli Stati già fortemente indebitati, esempio l’Italia, meglio Bruxelles, ma sempre altri debiti. Anche quei 150 miliardi sono dunque incerti. MA per arrivare a 800, altri 650 miliardi di spesa e di debiti? Pur ammettendo che i 150 miliardi di prestiti finanziati dal nuovo debito verranno utilizzati, è difficile che si arrivi poi a mobilitare gli 800 miliardi di euro di cui si parla. E qui arriva il possibile riciclaggio dei ‘Fondi di Coesione’, quelli destinati alle aree più arretrate per ridurre le disuguaglianze territoriali. Molti paesi, come l’Italia, faticano sempre moltissimo a spendere interamente e nei tempi stabiliti queste risorse. Una certa quantità di questi fondi resta di fatto inutilizzata. Il nuovo ciclo dei Fondi di coesione, quello per il settennato 2021-2027, vale nel complesso 526 miliardi di euro, di cui è stato speso finora appena il 5 per cento in media.
ReArm in casa, sia a destra che a sinistra
Sinistra e destra litigando in casa. Iniziamo del Pd, principale partito di opposizione che si spacca sulle armi. Dieci deputati del Partito democratico votano sì alla risoluzione sulla difesa europea della commissione e contraddicono le indicazioni di Elly Schlein, che da subito si era espressa in forma critica sul progetto. Undici eletti invece scelgono l’astensione. La spaccatura è destinata a produrre effetti nel dibattito del partito che, nel giro di pochi giorni ci si dovrà esprimere nel parlamento italiano sulle risoluzioni in vista del Consiglio europeo. La segretaria, però, sembra tirare dritto e confermare la linea critica verso il Piano Von der Leyen: «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli stati – manda a dire ai suoi – è e resta questa la posizione del Pd».
“Destra a tre partiti, tre posizioni diverse. La Lega dice no a tutto, Fi sì, mentre Fdi si astiene sulla risoluzione su Kiev per non criticare Trump. Sulla risoluzione Ucraina le posizioni governative italiane diventano tre. Scontati il sì di Fi e il no della Lega, tutt’altro che scontata l’astensione di FdI: è la prima volta che si sfila da un sostegno a Kiev ma Il testo è troppo apertamente contro Trump e la premier non può permetterselo. «Qui più che aiutare l’Ucraina si diffonde odio per gli Usa» dichiara FdI. La spaccatura a Strasburgo è senza conseguenze ma la settimana prossima, nel dibattito alle Camere con mozioni finali sulle comunicazioni di Meloni prima del Consiglio europeo, il governo deve trovare un rimedio. O sarà crisi.”
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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di
13 Marzo 2025