Europei

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

“Sacri valori”

In questi giorni, a reti unificate, sento ripetere che essere europei è un dono divino, un’eredità di sacri valori di democrazia e libertà.
Quanta smemoratezza. Certo, certo… Gli stessi “sacri valori” che hanno cucito croci su mantelli e affilato spade, trasformando pellegrinaggi in roghi e carneficine: oggi le chiameremmo “missioni di pace”, suppongo.

La bilancia della storia

Ma sì, passi falsi, sbavature. Dopotutto, sulla bilancia della Storia, cosa contano colonialismi, guerre mondiali, fascismo, nazismo, olocausti, mafie e sfruttamento di fronte alla magnificenza dell’eredità europea?
Non scherziamo. E allora, perché mai dovremmo appuntarci questa etichetta come se fosse una medaglia, anziché un promemoria delle nostre orribili contraddizioni? In realtà dietro molte dichiarazioni d’orgoglio europeo si nasconde l’idea che l’Europa sia la vetta della civiltà, mentre il resto del mondo è, al massimo, in fase di apprendimento. È un complesso di superiorità che risuona nelle descrizioni su chi è “sviluppato” e chi è “arretrato”, su chi porta la modernità e chi deve ancora raggiungerla. È il vecchio vizio coloniale: la convinzione che i valori europei siano l’apice dell’evoluzione della specie.

Ma la vera domanda

La vera domanda è: si può essere europei senza sentirsi superiori? Forse sì, ma solo se si accetta che l’Europa è una terra tra tante, con luci e ombre, e non la misura di tutte le cose.
Ma non sarebbe più sensato sentirsi “cittadini del mondo?” A che serve il passaporto di un continente che non ha mai lavato le sue colpe ed è pronto a ripeterle?
Osiamo andare oltre. Mi rivolgo a chi ha radici nella sinistra. Cittadini europei? Cittadini del mondo? Macché. Un tempo, nella sinistra italiana, si parlava di solidarietà senza passaporti, di un’alleanza sotterranea tra operai in tuta e popoli in lotta, tra studenti e movimenti di liberazione. Uniti dallo stesso rancore contro il capitalismo, mostro tentacolare, e l’imperialismo, vecchio colonialista in abito borghese. La rivoluzione non aveva patria, si diceva. Sventolava la bandiera dell’internazionalismo. Chi ha ancora nella cassa toracica un cuore che batte a sinistra dovrebbe riportare in auge quello spirito. Dovrebbe, soprattutto, rigettare l’idea ristretta che la solidarietà e la giustizia sociale possano fermarsi ai confini di un continente.

Essere europei?

Perché mai, quando dobbiamo ancora imparare a essere umani.
.
Alfredo Facchini