“Volonterosi” di fare cosa? Coalizione come nel 2003 in Iraq?

DI ENNIO REMONDINO

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Truppe a Kiev, i volenterosi preparano i piani. Il primo ministro della Gran Bretagna Starmer a colloquio online con i leader di 25 Paesi in call, e per giovedì ha già pronto un vertice militare operativo. Zelensky: «Mosca capisce solo un linguaggio». Giovedì ci sarà in Gran Bretagna una riunione dei responsabili militari dei paesi della «coalizione dei volontari». Tanti convocati e tante opinioni diverse nascoste dietro il consenso formale alla solidarietà ucraina con qualche arma da fare usare ad altri.

“Volenterosi” armati per ottenere cosa?

Piani di ‘peace keeping’ -dicono-, nel caso dell’applicazione del cessate-il fuoco, per far rispettare il silenzio delle armi in Ucraina e gli impegni presi. Ma neanche giovedì ci saranno gli Usa che pure le ‘coalizioni dei volenterosi’, l’avevano inventata giù nel 2003 per l’Iraq delle fantomatiche armi di distruzione di massa. ‘Coalizione dei volenterosi’ (dall’inglese coalition of the willing), il gruppo di paesi raccolto allora dagli Stati Uniti di Bush jr. per abbattere il regime iracheno di Saddam Hussein durante la Guerra della primavera 2003. Gli europei, sulla scia di Tony Blair, a navigazione incerta. Con paesi come la Turchia, l’Australia e il Canada, che frenano, oltre all’annunciata defezione dell’amministrazione Trump dalla difesa del vecchio continente. Alcuni paesi sono decisi a prendere parte a un’eventuale operazione di peace keeping – a cominciare da Gran Bretagna, Francia, Turchia – altri frenano. Keir Starmer afferma che «Putin deve provare che fa sul serio sulla pace per arrivare ad accordi di sicurezza solidi e credibili. Ma il ‘sì della Russia’ non è sufficiente». Pessima premessa.

Per evitare la sconfitta aperta

La crisi militare ucraina nel Kursk russo invaso e l’inarrestabile avanzata russa nel Donbass cambiano i tempi degli interessi delle parti in conflitto. Ucraina alla tregua di corsa per evitare una sconfitta troppo evidente, e la Russia che i suoi conti sul campo lo vuole saldare almeno per la parte che riguarda i territori di casa. Zelensky che chiede 30 giorni di tregua subito e senza condizione per tirare fiato, e Mosca che dice, ‘o si tratta sul serio su tutto, o niente. Gli Stati Uniti di Trump che sembrano più propensi ad una trattative complessiva e reale anche per non finire nel pantano politico europeo Europa incerta e volenterosamente divisa che insegue l’incerto, mentre rischia di sfidare assieme la Russia e di logorare ulteriormente i rapporti già tesi con gli Strati Uniti di Trump e rischio di ombrello Nato a prezzo altissimo.

La marziale Von der Leyen

Più marziale la presidente Ursula von der Leyen, che difende la sua agenda, con l’obiettivo di sottrarre potere agli stati nazionali sul fronte della difesa, ampliando il raggio della Commissione, sottolinea Anna Maria Merlo sul manifesto. «Ripetiamo il sostegno a un accordo sul cessate il fuoco, ormai la Russia deve mostrare di sostenere una tregua che porti a una pace giusta e durevole». E aggiunge: «In attesa, sosteniamo il rafforzamento dell’Ucraina e delle sue forze armate, intensifichiamo gli sforzi di difesa europei attraverso il piano ReArm Europe aumentando le spese per la difesa». Il cancelliere in pectore, Friedrich Merz, ha annunciato per la settimana prossima altri tre miliardi di aiuti all’Ucraina dalla Germania.

“Europei sbilanciati dall’abbandono Usa. Le 37 basi militari Usa in Europa (13 in Germania, seguono Polonia e Italia), tra 75mila e 105mila militari Usa. 20mila dovrebbero venire ritirati (per tornare ai livelli di prima dell’aggressione russa in Ucraina). E gli europei hanno accettato la «condivisione del fardello» dei costi con gli Usa.”

ReArm di 27 eserciti che litigano sul nemico?

Torniamo alla manifestazione per l’Europa di sabato a Roma.  I leader di partito incerti tra visibilità e imbarazzo, la migliore sintesi di Luciana Cimino. Nessun politico parla dal palco e per molti è un sollievo: la gestazione confusa della iniziativa ha causato discussioni e lacerato organizzazioni. Il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ribadisce la contrarietà al piano di riarmo ma ecumenicamente afferma: «Siamo con il nostro programma, che è quello di un’Europa per la pace e per il lavoro anche in questa piazza dove ci sono opinioni diverse: è un’occasione per parlare con tutti». Ai lati del palco ci sono anche i tre principali sindacati, con altrettante posizioni.

“La sinistra alternativa in piazza Barberini. Correva il rischio di rimanere schiacciata dalle adesioni trasversali alla manifestazione di Piazza del Popolo e dallo svantaggio mediatico, ma alla fine sono arrivati in 10mila per smarcarsi dalla ambiguità del palco di Michele Serra e dare il «no al riarmo» come parola d’ordine di una campagna pacifista. «Fuori la guerra dalla storia. Pane, pace e lavoro» la richiesta base che in piazza del popolo risultava più confusa, anche se presente.”

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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di

17 Marzo 2025