DAVID SASSOLI, RIFORMARE IL PATTO DI STABILITA’ E CRESCITA

DI VIRGINIA MURRU

 

In attesa di abbandonare il tunnel in cui ci ha scaraventato il Covid-19, e tornare ai ritmi normali, si pensa al dopo, al day after, che non permetterà di certo all’intero pianeta, dopo la fase vaccini, di passare dal buio alla luce come nulla fosse stato.

Gli scenari desolanti lasciati dal passaggio di questo virus micidiale, avranno bisogno di tempo per riportare trama e ordito del tessuto sociale in primis, e poi di quello economico, ai tempi pre-Covid. Già sono stati fissati i piani di ripresa, quali quelli approvati dagli organismi europei per sostenere questa fase delicata, che consentirà si spera, di passare in una sponda immune, libera dall’assedio di questo microrganismo assatanato.

Insomma serviranno tempi adeguati e risorse non di poco conto, a breve disponibili, per ‘saltare il fosso’ e andare oltre, il richiamo è al Next Generation EU, una piattaforma di aiuti consistenti che sosterranno la ripresa degli stati membri, in particolare quelli più colpiti dalla pandemia. Per affrontare le conseguenze dello shock economico ci sarà bisogno di riforme, di flessibilità sui vincoli, di adeguamenti alla congiuntura in atto.

 

Già il 20 marzo scorso, la Commissione europea, con una comunicazione, aveva reso noto che, a causa della recessione economica in zona euro (ma anche in tutta l’Ue), si erano verificate le condizioni per ricorrere alla clausola di salvaguardia generale nel quadro di bilancio dell’Unione.

Da allora si sono intraprese numerose misure discrezionali di stimolo, nonché azioni coordinate dagli Stati membri, che dovevano essere tempestive, mirate e adeguate ai tempi del Covid. In sede di Consilium Ecofin, a marzo, i ministri delle Finanze Ue si sono impegnati a rispettare il Patto di stabilità e crescita, ma con vincoli meno severi, dato che è possibile discostarsi dai requisiti di bilancio di norma applicati, per affrontare l’emergenza economica scaturita dalle misure adottate nella lotta al contenimento dei contagi.

Sono tanti gli esponenti politici che ultimamente hanno fatto osservare la necessità di riformare il Patto di stabilità e crescita. Negli ultimi giorni anche il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha espresso l’urgenza di questo importante passo da compiere per rendere più agevole la ripresa in Europa.

Lo ha ribadito nel suo discorso tenuto durante l’evento ‘How can we govern Europe 7’, lanciando un monito sul fatto che non ci si può aspettare la bacchetta magica dopo la fase dei vaccini, occorrerà lavorare con riforme adeguate per semplificare gli sforzi dei Governi. Sul Patto di stabilità ha detto ‘che non si potrà riavvolgere il film del passato’, gli scenari che abbiamo davanti sono profondamente cambiati e le riforme sono inevitabili.

Il presidente Sassoli, in sintesi sostiene che, quando si affrontano spese ingenti per cause di emergenza sanitaria come quella in atto, ci si indebita per ovvie ragioni, e non ci si può voltare indietro per riprendere il filo delle norme idonee per tempi di normalità.

Ora la strada del recupero è in salita, e non si esaurirà nel volgere di un anno, per questo il Patto di stabilità, che attualmente è stato sospeso, dovrà continuare ad esserlo fino a quando gli Stati membri non saranno fuori da un processo recessivo che pesa in particolare sul bilancio dei Paesi più colpiti dalla pandemia. Afferma al riguardo Sassoli: “sarebbe una mazzata per la ripresa dei nostri Paesi, ma anche per la potenzialità del Recovery plan, proprio quando lo si applicherà”.

Erano diversi i Paesi membri che reclamavano la riforma del Patto anche prima che esplodesse la crisi legata al Covid, se si considerano le disuguaglianze che ne derivano, ora il fenomeno in atto ha reso ancora più urgente la riforma.

La validità scientifica e le teorie dell’origine del Patto di stabilità e crescita, sono state non di rado messe in discussione del resto. Il Patto è stato siglato nel 1997, ed era basato su un presupposto (non dimostrato): se per ipotesi si considera una crescita del Pil nominale al 5% e un tasso d’inflazione al 2%, e il rapporto deficit-Pil al 3%, si può rispettare il parametro debito-Pil, in sintonia con il valore di riferimento al 60% del debito. Non solo. Secondo queste teorie, si prevede anche nel medio termine un pareggio di bilancio (o un avanzo), il che  consentirebbe di ridurre ancora quei rapporti.

I tempi hanno dimostrato che non era un ‘sillogismo economico’ compatibile con la realtà, e infatti si è trattato di teorie errate, anche se la finanza tedesca le ha sempre sostenute, e si è anzi sempre battuta affinché rigide restassero le norme stabilite dal Patto di stabilità. L’Italia ha protestato più volte al riguardo dopo il 2015, anche se non è servito.

A chiedere la sospensione del Patto di Stabilità almeno fino al 2022, è anche il Commissario agli Affari Economici della Commissione Europea, Paolo Gentiloni. Egli ha espresso le sue considerazioni al riguardo in una intervista al Financial Times, durante la quale ha dichiarato che non è opportuno mettere fine il prossimo anno all’estensione dello stop alle regole europee sui conti pubblici, ovvero del Patto di stabilità. Afferma in merito:

“L’idea di una ripresa a V è pura illusione, non è convincente. E’ vero che la clausola di salvaguardia del Patto sarà valida nel corso del 2021, ma di certo a gennaio del 2022 non si potrà interrompere come se niente fosse stato.” Intanto sono già in corso le discussioni in ambito Ue proprio per estenderne i tempi di applicazione.