DI ALFREDO FACCHINI
JD Vance: il convertito
C’era una volta un ragazzo dell’Ohio profondo, cresciuto tra i rottami arrugginiti del sogno americano. Nome: James David Vance. Oggi: è il vicepresidente degli Stati Uniti. In queste ore si trova a Roma per incontrare la ducetta e mezzo Vaticano.
Chi è?
Vance non è nato nei salotti ovattati del potere, ma nelle viscere di un’America che ama predicare meritocrazia mentre sotterra i suoi poveri sotto cumuli di disuguaglianze.
Oracolo di una classe operaia lasciata a marcire, Vance ha impacchettato le sue ferite in un bestseller, Hillbilly Elegy, vendendosi come la voce rauca dell’America dimenticata. Peccato che la sua non sia una favola di riscatto, ma un manuale di opportunismo.
Da critico a discepolo
Nel 2016, Vance guardava Trump con il disprezzo di chi viene dal fango ma ha studiato come uscirne: lo definiva un “Hitler americano”, un imbarazzo per la democrazia. In pochi anni, il critico è diventato discepolo. Da oppositore a luogotenente. Ha ritratto le accuse. È diventato prima tirapiedi, poi senatore, infine vicepresidente. In un partito repubblicano sempre più simile a una setta, Vance ha capito che l’unico modo per sopravvivere era abiurare. Così ha impugnato la Bibbia dell’ultraconservatorismo trumpiano e si è fatto apostolo di un’America che non cerca compromessi, ma nemici.
Un americano pericolosissimo
Oggi, vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance è il volto ripulito di un populismo sempre più aggressivo. Il suo vero talento? Aver capito che nella politica americana, i principi sono merce di scambio. Non serve coerenza, basta fedeltà.
Un americano pericolosissimo.
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Alfredo Facchini