Stop Usa all’attacco israeliano al nucleare iraniano

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Anche nell’Amministrazione Trump si fronteggiano ‘moderati e ‘intransigenti’, proprio come nell’Iran degli ayatollah. Una cosa che accade tutti i giorni pure dalle parti di Tel Aviv, con Netanyahu. Lo sapevamo, ma adesso lo certifica pure il New York Times, con un report in esclusiva, nel quale rivela che la Casa Bianca ha bloccato un attacco di Israele contro i siti nucleari iraniani.

Per ora ancora trattativa

In sostanza, sostiene il Times, la linea ‘trattativista’ ha vinto (almeno per ora), rispetto all’altra scuola di pensiero, che invece consigliava al Presidente Usa di passare all’azione immediatamente, in sinergia con l’aviazione dello Stato ebraico. E, tanto per far capire di chi si sta parlando e come possono essere formati i diversi team (trasversali) di advisor, il giornale di New York scrive: «In un incontro tenutosi questo mese, uno dei tanti dibattiti sul piano israeliano, Tulsi Gabbard, Direttore dell’Intelligence nazionale Usa, ha presentato una nuova valutazione, secondo cui l’accumulo di armamenti americani potrebbe potenzialmente innescare un conflitto più ampio con l’Iran, che gli Stati Uniti non desiderano. Diversi funzionari – prosegue il report del NYT – hanno ribadito le preoccupazioni della signora Gabbard nei vari incontri. Susie Wiles, capo dello staff della Casa Bianca, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth e il vicepresidente J.D. Vance hanno tutti espresso dubbi sull’attacco».

Israele tra Netanyahu e l’opposizione liberal

La notizia è stata ripresa con grande evidenza anche dai giornali israeliani. In particolare, da Haaretz, voce dell’opposizione liberal, che ha ricostruito tutti i tortuosi passaggi della vicenda, svoltasi in questi mesi nelle segrete stanze delle Cancellerie. Haaretz sostiene che, in prima battuta, i pianificatori militari israeliani avevano congegnato un attacco binario, portato contemporaneamente dall’aria e da terra, attraverso un raid in profondità di commandos. Tutto molto costoso e complicato, oltre che rischioso. Insomma, un’operazione ‘stile Hollywood’, di quelle che piacciono tanto ai vertici del potere israeliano, per dimostrare la loro invincibilità. Ma proprio l’estrema complessità del piano, lo rendeva attuabile non prima del prossimo mese di ottobre. Così, per evitare che nel frattempo gli ayatollah si fabbricassero la loro bomba ‘fai-da-te’, Netanyahu si è orientato per un’altra opzione: devastanti bombardamenti mirati, utilizzando ordigni di ultima generazione, anti-bunker, ad altissimo potenziale. «Il che – assicura Haaretz – avrebbe comunque richiesto un’importante assistenza da parte degli Stati Uniti. Tuttavia, il Presidente Donald Trump ha bloccato il piano, favorendo la ripresa dei negoziati con Teheran sulle sue capacità nucleari».

Israele a dipendenza Usa

E senza l’indispensabile sostegno logistico e operativo fornito dagli americani, qualsiasi attacco israeliano condotto così in profondità sarebbe stato un vero azzardo. «I due siti principali, Natanz e Fordow, dove l’Iran ha installato decine di migliaia di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio – ricorda a tutti Haaretz – sono pesantemente fortificati e sepolti in profondità, dai 20 ai 40 metri sotto la superficie. Inoltre, a differenza degli Stati Uniti, Israele non possiede bombe ‘anti-bunker,’ in grado di penetrare a questa profondità, né dispone dei bombardieri pesanti necessari per trasportarle». Tecnicamente stiamo parlando di aerei come i vecchi B-52, o come gli ‘invisibili’ e costosissimi B-2 che, per la verità, Trump ha già fatto avvicinare al Golfo Persico, a mo’ di minaccia. Tuttavia, l’analisi che Haaretz fa, cogliendo slancio dalle rivelazioni del New York Times, è particolarmente significativa, perché contribuisce ad alimentare uno scenario mediorientale di «tutti contro tutti». In sostanza, scrive il giornale liberal israeliano, la fuga di notizie sull’ipotizzato piano di attacco all’Iran, potrebbe essere stata voluta. Nel senso che essa può rappresentare una giustificazione per l’inerzia di Netanyahu, trasferendo la colpa dell’arrendevolezza verso Teheran sulle spalle di Trump.

Spregiudicatezza politica israeliana

Ancora una volta, dunque, nella politica estera israeliana, riaffiorano istinti, pulsioni e interessi che sono propri di una resa dei conti (atavica) in politica interna. A guardare bene dentro gli affari politici della Knesset, si scoprono tanti proclami, ma anche molte omissioni e incongruenze. Così le giudica Haaretz: «Negli ultimi 15 anni, Netanyahu ha ripetutamente ordinato all’Aeronautica militare israeliana e alle Forze di Difesa di prepararsi a un attacco contro gli impianti nucleari iraniani. Miliardi di dollari sono stati spesi per questi preparativi, esercitazioni di addestramento e manovre. L’ex Primo ministro Ehud Olmert, acerrimo rivale politico di Netanyahu, sostiene da tempo che tutto questo è stato uno spreco inutile, se non addirittura illusorio. L’opposizione ai piani di attacco di Netanyahu all’Iran proviene sempre da due direzioni: interna ed estera».

«Gli ex responsabili della Sicurezza israeliana – conclude il giornale – si sono opposti a qualsiasi attacco unilaterale, sostenendo che le limitate capacità di Israele richiedono che qualsiasi operazione venga condotta solo con la preventiva approvazione, il coordinamento e l’assistenza americana. Tale approvazione non è mai stata concessa da nessuna delle ultime tre Amministrazioni statunitensi: Obama, Trump e Biden».

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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di

18 Aprile 2025