DI FABIO MACCHERONI
Un giorno scriverò di John Lennon, perché ne ho scritto così tanto da non annoiarmi. Dirò che aveva una voce unica. Non so se fosse la migliore, però non aveva eguali. Sofferente o affascinante, tagliente, feroce. Sembravano mille. Era una. E scriveva Run for your life o Across the universe: non fosse stato lui, Lennon, fosse stato McCartney (per esempio) avremmo creduto alla storia della morte e del sosia. Non posso dire se fosse un genio perché l’ho conosciuto da lontano, come conosco la Luna. Però lo guardavo, lo ammiravo, come si fa con la Luna senza porsi troppe domande. Mentre gira un disco penso. Alle cose che scriveva, ai doppi sensi che lo affascinavano e che hanno sempre affascinato me. Penso anche alla morte. Perché lo ha accompagnato tutta la vita. La madre, Stu (il primo dei troppi 5 Beatles), Epstein… E lui stesso, assassinato come sapete 40 anni fa, 8 dicembre 1980. E i numeri: 1980 si può leggere anche 1+8 e 9+0, due volte 9, il suo numero , racconta qualcuno che lo conosce meglio di me.
Penso naturalmente ai suoi dischi. Con i Beatles trovo una mano tesa a un ragazzo di Trastevere che cercava di ribellarsi alla routine strada-scuola senza risultati apprezzabili ne in strada, ne tantomeno a scuola. In compenso c’erano i Beatles. Tifavo per loro con la stessa ferocia con cui tifo Roma. Poco? Da solista mi ha schiantato con Lennon e Plastic Ono Band. Ma li ho consumati tutti. Anche quelli con Yoko: mi spiego? A Natale riascolto Il suo Happy Xmas, l’ascolto ogni anno da quando è stata pubblicata, sennò non è Natale. Nel 1980 ascoltavo soprattutto Double Fantasy, come volessi esorcizzarne la morte. Per sentirlo vivo. In realtà nei dischi è ancora vivo. Talmente attuale , vero, moderno come se il colpo di Chapman avesse fatto cilecca. E qui mi fermo, come con la luna. Non so che cosa sarebbe stato Lennon a 80 anni, di lui ci rimane un ritratto : Dorian Gray avrebbe preferito un colpo di pistola , o girare il quadro?