CIAO PABLITO

DI FABIO MACCHERONI

Credo che in questo 2020 farà notizia chi resta in piedi. Chi campa la sua vita. Una saracinesca aperta. Che sia Covid o maledetto cancro. S’abbassa quella di Paolo Rossi. Cognome comune di persona prima di lui. Prima il signor Rossi era l’italiano medio. Lui diventò Pablito per gol mondiali. Così affascinanti da sciogliere manette, quelle d’un calcio fasullo, venduto, mortificato. Carabinieri in campo, processi seri prima dei processi pallonari biscardiani. Il gol cancella tutto. Battuto il Brasile di Falcao, Cerezo e Socrates e altri fenomeni. Nella terza vita Pablito uscì come il Calimero dello spot di un famoso detersivo anni Sessanta: candido. Ha parlato di calcio, amato e rispettato dal calcio, un eroe dei nostri giorni da salotto televisivo . Ha alzato una coppa e soprattutto si è rialzato l’uomo. Questa la vittoria più sorprendente fra i Mastro Titta che si aggirano con la ghigliottina in tasca. Così tv e parole sagge, capelli grigi sulla solita faccetta da Pablito re di Spagna. Con i suoi peccati in soffitta, come è giusto che sia, se ne è andato da maestro: stavolta rapinando non un gol in area, ma l’addio, con un maledetto anticipo.