…. ED E’ SUBITO SERA

DI CLAUDIO KHALED SER

Tutte le ferite, prima o poi, smettono di sanguinare.
Resta un segno, sulla pelle e nell’anima, a ricordarci il dolore subito.

Le chiamano cicatrici e sono la difesa della pelle dagli agenti esterni, un naturale processo biologico durante il quale l’organismo blocca l’emorragia, risana e richiude la ferita.
Il tessuto leso quindi si ricostruisce e il danno viene riparato.

Questo nel corpo.
Non sappiamo esattamente cosa avviene nell’anima, come si ripara il danno subito.

Ne ho molte, sia dentro che fuori.
Da quella del freno della bici che mi si é conficcato in una coscia quando avevo 4 anni, ai giorni passati in una cella, dividendo l’aria e la disperazione, con altri compagni di vita.

La vita ci ferisce, é una lama sottile che non perdona nessun errore.

Il 12 dicembre di cinquantanni fa, una bomba squarcio’ il silenzio di Milano.
Morirono 17 Persone e ne rimasero ferite oltre cento.
Ma ciascuno di noi, quella mattina, venne colpito da quell’ordigno fascista e ancora oggi porta dentro di sé, la cicatrice dell’evento.

E poi Brescia, e poi Bologna, e poi…….
E poi restammo feriti a Capaci, su quella strada dove Falcone venne ucciso e quando ancora non si era formata la cicatrice, un’altra bomba ci anniento’ in Via D’Amelio, uccidendo Borsellino.

Ferite che si sommano a ferite.

Coprono quelle di Kabul, dei talebani appostati nei vicoli, degli americani coi mitra puntati contro chiunque, delle donne velate, macchie nere che si muovevano silenziose nell’ombra, dei feriti e dei morti nelle tende del Coraggio dove un Uomo di nome Gino, cercava disperatamente di salvarli.

Coprono quelle di Gaza, del sibilo delle bombe che cadono di notte illuminando tristemente la Palestina ed io che stringo tra le braccia un bambino facendo scudo col corpo alla sua vita.

Coprono quelle di Bani Walid in Libia dove centinaia di Persone, ammassate come i rifiuti nelle strade, si domandavano “perché” di una simile vita.
Cosa avevano fatto per meritarsi l’inferno ancora prima di morire ?

Coprono il viaggio di un bambino, Filippo, che a soli quattro anni, se n’é andato nel bosco del silenzio, lasciandoci il cuore a pezzi, sbranato dal dolore.

Ferite profonde che ogni cicatrice ricorda.

E oggi, questo virus che ci ha tolto la vita pur vivendo.
Che ci costringe a contare i feriti ed i morti.
Che cambia le nostre abitudini, che spegne i sorrisi nel silenzio degli ospedali.
Che mostra quanto siamo fragili, appesi agli invisibili fili che ci tengono tutto sommato in vita.

Ed eccoci qui, ciascuno con le sue ferite, ciascuno con le sue cicatrici.
Feriti ma non domati.
Pronti ancora a mettere in gioco la vita, a guardare dalla finestra il cielo sperando che non piova.

Ed eccoci qui, ciascuno con le sue speranze, a guardarci intorno smarriti, ma con ancora la voglia di vivere dentro il cuore.

Pronti a camminare, a cadere, a rialzarci e camminare ancora.
Esseri Coraggiosi che non si arrendono.

Ciascuno con la propria bandiera,
Ognuno col proprio sogno.
Sappiamo che…..
Ognuno sta solo sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.