CI STIAMO ABITUANDO AI MORTI

DI EMILIANO RUBBI

La curva dei contagi non scende più.
E il numero dei morti resta stabile sopra i 500 al giorno, quella “soglia psicologica” che, fino a poche settimane fa, era stata individuata come limite massimo prima di chiudere tutto.

Da allora siamo arrivati, a tratti, a picchi di quasi 1000 morti giornalieri.
Ma non abbiamo chiuso tutto.
Anzi, abbiamo messo in piedi dei “mini lockdown” che erano solo dei lontani parenti della chiusura totale che avevamo fatto a marzo e aprile.

La verità è che ci siamo abituati.
Ci siamo abituati ai morti.

E funziona così fino a quando non muore qualcuno vicino a noi, oppure non tocca direttamente a noi.
E a quel punto noi stessi diventeremmo “solo dei numeri” per qualcun altro.
Di sicuro anche per noi e i nostri cari, una volta diventati dei numeri, spunterebbero delle malattie pregresse: la sciatica, l’alluce valgo, il gomito della lavandaia o la sinusite, di sicuro saremmo morti “con il covid”, non “per il covid”.

In Congo, durante l’epidemia di ebola del 2018, la gente credeva che fosse tutta una montatura.
Pensavano che fosse una macchinazione del governo e delle case farmaceutiche per costringerli a restare in casa e a comprare dei medicinali.
Era ebola.
E ci furono più di 2000 morti su 3000 contagiati.

Cifre piccole, se rapportate a quelle del covid in Italia.
Una mortalità molto maggiore, ma anche una trasmissibilità minore.

Esco e vedo dei ventenni scherzare tra loro al parco.
Tutti rigorosamente con la mascherina abbassata.
Evidentemente non è successo niente a nessuno che fosse vicino a loro, penso.
E gli auguro che resti sempre tutto così.
Con la spensieratezza tipica dei vent’anni che non merita di essere portata via da un virus di merda.

Ma non vinceremo mai questa battaglia per la sensibilizzazione con le parole, gli articoli, gli appelli.
500-1000 morti al giorno sono ancora troppo pochi, statisticamente, perché la maggior parte della popolazione “tocchi con mano” gli effetti del virus.
E i morti resteranno sempre dei numeretti lontani, per la maggioranza delle persone, o almeno per tutti quelli che hanno bisogno di un’esperienza traumatica diretta per comprendere cosa stia succedendo.
Come in Congo con ebola.

Io resto dell’idea che il vaccino, quando arriverà, dovrà essere necessariamente reso obbligatorio.
Magari non all’inizio, quando il vero problema sarà riuscire ad avere abbastanza vaccini per soddisfare la richiesta, ma alla lunga sarà necessario, se vogliamo uscirne davvero.

E sarà necessario anche perché, con l’aumentare dei vaccinati, i nuovi malati saranno sempre di meno, così la gente si convincerà che vaccinarsi non serve più a niente.

Spero che il governo, a quel punto, saprà farsi carico di una decisione così impopolare.
Ma ne dubito, purtroppo.