di Luciano Assin
corrispondente da Israele
Secondo i dati pubblicati ieri in tutto il mondo erano state vaccinate 10 milioni di persone, di questo almeno un milione in Israele. Com’è possibile spiegare questo risultato e quali indicazioni ne possono trarre gli altri paesi?
La popolazione israeliana si aggira sui 9 milioni di abitanti e in poco meno di 14 giorni è già stato vaccinato più del 12% della popolazione con punte giornaliere di oltre 100mila vaccinazioni. I punti salienti sui quali si basa il successo del piano anti-Covid israeliano sono i seguenti:
Sistema sanitario centrale e ben ramificato. Il cittadino israeliano, per legge, deve iscriversi a una delle 4 casse malati del paese, la più grande, di proprietà del sindacato, è estremamente ramificata, anche nei centri più periferici e poco abitati. Il sistema è altamente computerizzato e ciò permette un controllo praticamente immediato della situazione di salute di ogni singolo iscritto. In questa maniera è stato possibile determinare con precisione millimetrica le fasce a rischio e la loro dislocazione. Israele è anche un paese relativamente piccolo, simile alla Lombardia per estensione e numero di abitanti, ciò permette di muovere con relativa facilità le dosi del vaccino che hanno un problema logistico non indifferente, la temperatura di stoccaggio di -70 gradi centigradi. Una volta estratti dalle celle frigorifere il liquido va utilizzato entro 5 giorni, altrimenti va eliminato. In questo caso, nonostante il sistema sanitario sia centralizzato, gli israeliani hanno dimostrato la loro pragmaticità ed elasticità, invitando telefonicamente anche chi non si trova attualmente nella fascia di età vaccinabile, evitando così al minimo gli sprechi.
Autonomia decisionale. Israele non ha dei vincoli decisionali come per esempio l’Italia nei confronti dell’UE. Questo le ha permesso di muoversi velocemente su diversi fronti. Il governo ha siglato diversi accordi con più case farmaceutiche, riducendo così il rischio di affidarsi ad unico fornitore. La decisione di vaccinare il più presto possibile tutta la popolazione israeliana è arrivata quando ancora adesso una gran parte della popolazione mondiale è scettica rispetto alla sua reale efficacia. La richiesta di un grande quantitativo del vaccino Pfizer ha avuto facile gioco, sia perchè gli israeliani hanno pagato almeno il doppio del prezzo stabilito con l’UE, sia perchè la casa farmaceutica ha interesse a dimostrare l’efficacia del suo prodotto, e i risultati e le statistiche che possono derivare da una vaccinazione di massa su un unico paese potrebbero essere un enorme pubblicità. Già adesso i dati del ministero della salute israeliana parlano di una percentuale dello 0,01% di effetti collaterali dopo un milione di vaccinazioni. Sino ad ora sono morte due persone, ma avendo già patologie croniche non possono essere annoverate come morti certe.
Effetto emergenza. Israele è un paese che vive uno stato di emergenza dal giorno della sua fondazione. La maggior parte della sua popolazione, uomini e donne, ha fatto il servizio militare, tutto questo implica un modo di comportamento perfettamente adatto a questo tipo di emergenza, ma non è un comportamento teutonico, l’israeliano è capace di prendere decisioni importanti di propria iniziativa, senza aspettare l’imprimatur governativo, una qualità che in questo caso aumenta l’efficacia del servizio e riduce gli sprechi. Il successo organizzativo ha cementato lo spirito di corpo nazionale e amplificato l’effetto domino del numero di vaccinati che ha superato di molto le aspettative iniziali dei più ottimisti.
Il successo è tale che probabilmente il paese dovrà dare un colpo di freno, le rimanenze di vaccino giacenti in magazzino serviranno per la seconda iniezione che va effettuata a distanza di 21 giorni dalla prima. Se Bibi non riuscirà a anticipare la fornitura del prossimo stock di vaccini, previsto per l’inizio di febbraio, di 15 giorni, è possibile che l’operazione dovrà subire una pausa forzata.
Nonostante i successi raggiunti fino ad ora, ci sono dei punti d’ombra che potrebbero influenzare la situazione sanitaria sul medio termine. Esistono due settori all’interno della società israeliana che si trovano in netto ritardo riguardo alla percentuale di vaccinati nazionale: arabi ed ebrei ultra ortodossi. Le motivazioni sono sostanzialmente molto diverse, ma di fondo si tratta di due settori che hanno sempre visto con sospetto il governo centrale e si sono ritagliati una loro autonomia. La situazione porta a situazioni paradossali: molti ebrei israeliani vanno a vaccinarsi nelle cittadine arabe, anche se non hanno particolari patologie e sono più giovani di 60 anni, questo perchè il numero di abitanti locali disposti a vaccinarsi è più basso della media nazionale, per cui pur di non buttare il vaccino lo si inocula a chiunque ne faccia richiesta.
In questo momento Israele si trova in una corsa contro il tempo. La vaccinazione va avanti spedita, ma il Covid non sta certo a guardare, e il numero di contagiati attuale si aggira sulle seimila unità giornaliere con una percentuale di positivi di circa il 5%. Nonostante il governo abbia dichiarato un terzo lockdown, di fatto questo non viene attuato come si deve. La popolazione è stanca delle limitazioni e molte attività che avrebbero dovuto essere chiuse hanno aperto lo stesso i battenti. Esiste dunque una disobbedienza civile non organizzata che di fatto mina l’autorità centrale. Secondo i dati del Ministero della salute oltre il 45% della popolazione a rischio è già stato vaccinato almeno una volta, se non interverranno clamorosi imprevisti entro la fine di Febbraio la stragrande maggioranza della popolazione a rischio dovrebbe essere stata vaccinata. Questo comporterebbe un’enorme riduzione dell’emergenza sanitaria negli ospedali, che non sono ancora arrivati al collasso ma comunque non navigano in acque tranquille.
La gara fra Covid e vaccino ha anche una data di scadenza, il 23 marzo 2021, giorno in cui la popolazione israeliana andrà al voto per la quarta volta in due anni. Sarà una corsa che si risolverà al fotofinish, e Netanyahu farà di tutto per vincerla e rimanere ancora al comando del paese.