DI GIANLUCA CICINELLI
Le prime cose che mi colpiscono sono le luci e lo sfarzo di un negozio a sei vetrine, zona baldo degli ubaldi. Vetri colorati da rifrangenti parallelepipedi, non mi ricordo se si scrive così, che fanno effetti speciali. Bellissimo negozio, impossibile resistere alla tentazione di entrarci. Mi dispiace di non avere nemmeno un piccolo attacco di cacarella a fischio o un altro motivo per entrare in questa fantastica farmacia.
Il mio barbiere è cinese e sull’insegna c’ha scritto parrucchiere ma siamo tutti uomini dentro. Non dentro di noi, dentro all’esercizio. Non parla una parola d’italiano e lo apprezzo molto per questo,, io non capisco lui e lui non capisce me, così ci sorridiamo sempre come due cretini. Tagliare i capelli a me è doppio lavoro ma sempre dieci euro sono. Oggi è particolarmente soddisfatto del suo lavoro e me lo esprime facendomi cenno che con questo suo taglio speciale stasera sicuramente scopo. E senza neanche l’ausilio del bigliettino dei biscotti della fortuna, una previsione a gesti. Piccoli, ritmati e molto molto molto romani.
Andiamo in un bar con i figli, per stare seduti. Mangiamo qualcosa. Tempo dieci minuti, come stai come state, e nel locale vuoto il proprietario dopo aver seguito con attenzione i nostri discorsi viene direttamente a sedersi con noi al tavolo. Ci racconta la crisi, più o meno ha tenuto nota di tutti i singoli giorni trascorsi fin da marzo scorso. La crisi lo ha colpito anche negli affetti, la miglie lo ha lasciato. E poi i debiti, la paura del domani la fine dei sogni e va avanti per un’ora di filato. Ci alziamo e quando stiamo per andare via ci rassicura sul senso terapeutico della sua logorrea: v’ho raccontato tutti i guai miei così almeno per un’ora non avete pensato ai guai vostri! Grazie fratè, troppa grazia, non siamo più abituati a tanta gentilezza.