LA STORIA DIMENTICATA. IL BUROCRATE DI HITLER

DI PAOLO VARESE

All’occorrenza salterò nella fossa ridendo perché la consapevolezza di avere cinque milioni di ebrei sulla coscienza mi dà un senso di grande soddisfazione. Questa frase, che molti non conoscono, è stata pronunciata da Adolf Eichmann, il burocrate del genocidio, o come qualcuno lo ha definito, il contabile di Hitler. Ma chi era in realtà questo uomo, dall’aspetto tutt’altro che nordico, uno dei tanti sostenitori della superiorità ariana, che di ariano non aveva nulla? Nato nel 1906, non particolarmente portato per il lavoro duro, e neanche per lo studio, fu folgorato dal nazismo e dalla avversione per gli ebrei dopo aver letto un libro di Theodor Herzl, Lo stato ebraico. Per lui, già affascinato dalle idee naziste, quella conoscenza del nemico divenne anche una possibilità di fare carriera all’interno delle SS, e quindi, sotto copertura, visitò l’allora mandato britannico della Palestina, per avere una conoscenza diretta dei kibbutz, di Haifa, del modo di vivere ebraico. Dopo essere stato espulso dalla Palestina, poiché gli inglesi avevano scoperto la sua vera identità, si distinse come nazista modello, tanto da essere mandato in Austria, dopo l’annessione forzosa della nazione alla Germania, dove costituì l’Ufficio Centrale per l’Emigrazione Ebraica, iniziando quella operazione di deportazione forzata degli ebrei dai territori tedeschi. Deportazione che avveniva dopo il sequestro di tutti i beni degli ebrei, molti dei quali finirono in conti privati presso le banche tedesche. Eichmann rivendicò con orgoglio di aver cacciato oltre 50.000 persone dall’Austria, con la frase “ho fatto trottare i signorini”. Le testimonianze lo descrivono con un frustino, passare velocemente all’interno della struttura dove i deportati venivano identificati, perché “non sopportava di stare a contatto con l’aria contaminata dagli ebrei”. Divenne così l’uomo chiave per risolvere il “problema giudaico”, tanto da creare anche a Berlino un Ufficio per l’Emigrazione Ebraica, e poi venne mandato a Praga, anche essa annessa ai territori occupati dai nazisti, per continuare il suo lavoro. A Praga però gli ebrei, ormai difficilmente accolti dalle altre nazioni europee, vennero ammassati nei ghetti, dove fame, malattie e freddo li decimarono, senza alcun rammarico da parte degli occupanti. Dai ghetti ai campi di concentramento il passo fu breve, ed a lui fu affidata l’organizzazione dei convogli ferroviari. Divenne il traghettatore della morte, personalmente responsabile delle vite di chi saliva sui treni diretti ai campi di concentramento, ma non divenendo mai un membro della elitè nazista, benchè lo desiderasse ardentemente, non ebbe mai grande notorietà, restando solamente un nome senza volto, una sigla sugli ordini di deportazione. Questa mancata fama gli permise, una volta terminata la guerra, di sottrarsi alla cattura, anche in virtù di quanto aveva depredato alle sue vittime. Per 5 anni potè restare nascosto nelle campagne tedesche, organizzando al contempo la fuga di alcuni “valorosi” gerarchi nazisti in sud America, finchè, grazie a falsi documenti di identità rilasciati dal vicario di Bressanone, località in provincia di Bolzano molto vicina a Fortezza, dove vennero inviate le 199 tonnellate d’oro che i nazisti pretesero dall’Italia. Con il passaporto falso in suo possesso, intestato a Riccardo Klemente, nel 1950 lasciò l’Italia, imbarcandosi da Genova per l’Argentina, sognando un giorno di poter tornare in Germania. Gli fu trovato lavoro presso una fabbrica della Mercedes di Buenos Aires, dove il figlio intrecciò una relazione con una ragazza tedesca. Ma, se Eichmann rimpiangeva il suo passato, altri, come il nonno della ragazza, avevano paura di rivivere la deportazione subita come ebrei tedeschi, e riconoscendo il cognome del giovane, fece in modo di far arrivare la notizia al Mossad. Eichmann venne rapito dalle forze speciali israeliane nel 1960, e processato nel 1961. La difesa provò a farlo passare per un semplice burocrate, costretto ad eseguire gli ordini ricevuti, ma le testimonianze confermarono il suo disprezzo per gli ebrei, il ruolo avuto. Nonostante ciò egli continuò sempre a promulgare quella immagine di sé che ispirò ad Hanna Arendt la descrizione di quell’uomo come “incarnazione della banalità del male”. Il burocrate della morte venne impiccato nel 1962, e le sue ceneri disperse in mare oltrepassato il confine marino di Israele. Eichmann non fu l’unico nazista a calarsi le braghe davanti al timore di essere arrestato, il coraggio dei nibelunghi scomparve al comparire degli alleati anglo americani e dei russi, e le loro identità si modificarono quando arrivarono in Sud America. Brasile ed Argentina furono le nazioni in cui trovarono maggiormente rifugio quei prodotti della follia nazista, nomi incisi nel dolore delle loro vittime.