DI FRANCESCO MISCIOSCIA
Avete notato? C’è sempre qualcuno pronto a fare la morale agli altri, salendo sullo scranno dei giusti e di lì elargendo sentenze. Attenzione, non giudizio sui fatti, sui comportamenti, non confronto sulle idee, ma sentenze. E più queste sentenze sono vuote, più appoggiano sul nulla, più devono coprire, mascherare, dissimulare la propria pochezza, tanto più sono lapidarie.
Le parole invece non dovrebbero essere lasciate andare così, senza controllo, andrebbero soppesate prima di essere usate. Diceva un famoso personaggio di Nanni Moretti, rivolgendosi guarda caso a una giornalista: “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”.
E così l’altro giorno, senza volerlo, ci siamo imbattuti in una di queste parole, uno di questi giudizi calati dall’alto, da chi pensa, chissà perché, di stare (ancora) nell’empireo, e di avere una superiorità morale capace di metterlo al di sopra di ogni umana bassezza.
La parola in questione, usata come una clava, è GIORNALETTO.
Si, avete letto bene. Ai miei tempi i giornaletti erano i fumetti, che noi da ragazzini leggevamo per passare il tempo, per vivere avventure di ogni sorta attraverso personaggi che poi sono rimasti nel nostro duro cuore di adulti e che ci fanno sentire ancora adolescenti, a volte.
Per qualcuno invece i giornaletti sono il contraltare dei giornali. I secondi sono degni di parlare, di rispondere, di essere letti e citati, essendo gli unici che fanno informazione. I primi invece sono sottoprodotti, nati per errore e incapaci di rientrare in una qualsiasi categoria dell’informazione.
Cerchiamo di capire insieme, se vi va, cosa sono i Giornali, cosa i giornaletti e mettiamoci dentro anche i “giornalai”, che ovviamente (il virgolettato a questo serve, a far capire che si dice una cosa ma se ne intende un’altra), non sono gli edicolanti a cui va il mio pensiero di stima e di affetto.
Serve a questo punto una premessa doverosa, diventata ancor più urgente in questi tempi in cui tutti pensano che per fare informazione basti mettere un post sui social o cinguettare 280 caratteri. Il giornalismo, quello che fa davvero informazione, la fruizione del giornalismo e la stessa professione del giornalista, sono sempre stati elementi essenziali di una società e della sua cultura, aiutando a comprendere meglio ciò che ci circonda, a svelare le dinamiche a volte nascoste di molte azioni, di molti fatti apparentemente senza senso e di fotografare un dato momento della realtà, in costante cambiamento, per poter fissare i fatti a presente e futura memoria.
Questo giornalismo costa. Costa a tutti i livelli: sia che sia un Giornale che un Giornaletto.
Prima dell’avvento della rete fare informazione era comunque difficile, ma nulla a confronto con quanto accade oggi: i giornali devono vedersela con la concorrenza intrinseca, quella cioè di altri giornali, come sempre è stato per fortuna, ma anche con quella estrinseca, cioè di attori dell’informazione che spesso sono pagati direttamente da chi deve fare da cassa di risonanza.
Oggi i giornalisti devono lottare per non essere inghiottiti dalla palude della falsa informazione, e per farlo hanno una sola arma: essere costantemente aggiornati, essere credibili, essere attendibili, essere coraggiosi. Essere affamati di verità, aggiungerei.
Questi giornalisti sono quelli che lavorano nei Giornali. Dove c’è un editore che paga i propri professionisti e collaboratori, che si impegna per garantirne la libertà di espressione, che assicura a tutti le giuste e meritevoli condizioni di lavoro, che ha un codice etico che funziona 24 ore al giorno, e non a intermittenza, ma che soprattutto paga contributi e tasse.
E ora veniamo ai giornaletti. A questo punto descriverli dovrebbe essere facile: trattasi di testata cartacee o anche online, che usa le notizie prese in versione free dalla rete, facendone un semplice e rapido copia e incolla. Senza bisogno di verificare alcunché, neanche la grammatica. Trattasi inoltre di società editoriali che non retribuiscono meritevolmente i collaboratori e si pongono sull’alto monte dove in realtà sono i Giornali, solo perché un tempo avevano la gloria, i lettori e oggi dovrebbero ammettere (ma non lo fa, siatene certi) di avere più fame che fama.
I “giornalai” sono invece quegli sciagurati siti con notizie scritte da analfabeti funzionali, il cui unico scopo è catturare click da rivendere agli sponsor di turno, e che sono convinti che per farlo basta ripetere lo stesso concetto venti o trenta volte, senza mai arrivare al dunque.
Noi, di Latinaquotidiano.it per quanto è in nostro potere, faremo sempre di tutto per rimanere un Giornale, che è nato digitale e mai per questo si è sentito esente dalla verifica delle notizie, dall’etica del giornalismo professionale, dal dovere di pagare tutti, fino all’ultimo rigo scritto. Perché solo così assolveremo la nostra missione di affidabilità, credibilità e correttezza nei confronti dei lettori.
Poi ci sono i giudicanti di cui parlavo all’inizio, quelli che pensano di poter parlare degli altri usando come unica lente per osservare la realtà uno specchio che rimanda un’immagine auto riferita del proprio ego ipertrofico, dimenticando la distanza siderale che esiste tra un contenitore di cui è vero che ancora si riconoscono i colori distintivi, quasi fosse un vecchio barattolo di caffè, ma che ormai è vuoto, e il contenuto è volato via come polvere nel vento.
da latinaquotidiano.it