DI ANTONELLA PAVASILI
Nel bel mezzo di una pandemia, mentre in Italia “festeggiamo” i 100.000 morti di Covid, le saracinesche si abbassano per sempre, la gente muore di fame, gli ospedali scoppiano di gente attaccata ai tubi in cerca di un goccio d’aria, i nostri ragazzi somigliano sempre più a zombie, alienati e smarriti tra DAD e DID, e si perdono le emozioni del primo bacio e della vita all’aria aperta, arrivano loro.
La duchessa e il principino.
Che, accomodati nel salottino ultra chic della loro prigione dorata, raccontano di quanto è triste la vita a corte, di streghe cattive, orchi e sortilegi.
Lei in particolare, perfettamente calata nel ruolo della “maravigghiata da rutta”, spruzza veleno a più non posso.
Lei non sapeva, non aveva capito, non pensava.
E certo, non sapeva.
Che nella casa reale d’Inghilterra vige un rigidissimo protocollo secolare che persino commare Ianciulina, che certo non è una donna di mondo né tantomeno una famosa attrice, conosce per grandi linee.
Non sapeva che se sposi un reale non è esattamente come sposare un impiegato del catasto o, come dice la mia amica, Peppino il salumiere.
Non lo sapeva, la poveretta.
E lui, il rampollo, la sostiene.
E insieme ci ammorbano in ogni dove con i loro piagnistei che, per renderli più saporiti, aggiustano col sale del razzismo.
Ma che bella scenetta.
La location è perfetta, si immagina persino il cocktail a seguire.
Devono distrarsi i poveretti, consolarsi dei loro patimenti.
Che, di certo, fanno più male della lotta per la vita di un papà in terapia intensiva o di una famiglia che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena.
Intempestivi, irriguardosi e di cattivo gusto.
Avrebbero potuto rinviarla l’intervista choc.
Ad un tempo migliore.
Un tempo in cui la gente riuscirà di nuovo a vedere un po’ di luce oltre il buio di questi maledetti mesi.
Perché in fondo, piangere da ricchi è sicuramente triste, ma piangere da disperati è certamente peggio.