DI LEONARDO CECCHI
Due anni di carcere. Non per un furto, ma per uno stupro ampiamente documentato.
È quanto si farà un uomo che nell’agosto del 2020 trascinò uno ragazza in un parco di Milano, stuprandola. Assieme a due amici, l’aveva prima seguita, e poi, con i due che si erano allontanati, trascinata di peso in un parco dove la violentò.
Per questo, grazie al patteggiamento si farà adesso soltanto due anni. Ha rovinato una vita, lasciato una ferita immensa, e pagherà con due miseri anni.
Un punto allora. C’è qualcosa di marcio in questo che è purtroppo solo un episodio di tanti; in questo che è sintomo di qualcosa che non funziona proprio a livello di meccanismo sistemico (siamo di fronte ad un patteggiamento). Perché una condanna così, per un soggetto che fa una cosa del genere (ripeto: documentata), non è moralmente accettabile. Lo stupro, assieme all’abuso, è infatti il più ripugnante crimine che un uomo possa commettere.
Se rovini una vita, non può esistere un modo in cui te la cavi con due anni.