DI LIDANO GRASSUCCI
In questi giorni dalla Francia torna qui una nostra “brutta” storia. A vederli ora sono dei vecchi, innocui, così uguali agli umarell che guardano i cantieri.
Ma? Tornate indietro di 40 anni, riavvolgete il nastro del tempo e ricordatevi di quel tempo. “A 20 anni si è stupidi davvero” dice Guccini, e… ora il male e il bene sono netti in un mondo senza sfumature, ma allora dobbiamo essere onesti noi che eravamo in quella bufera, non era così eguale ad oggi. Noi militanti di una sinistra “poco severa”, libertaria, rivoltosa nei idee nei licei non fummo “netti”, noi nelle assemblee non eravamo “diretti”, noi fummo “perplessi” nelle nostre utopiche, fantastiche, immagini di domani e i mostri ci apparivano solo animali strani.
Militavo nella Fgsi, i giovani socialisti, governavamo in un mondo di democrazia consociativa che volevamo competitiva, ma il cuore era nell’utopia e andammo a cercare nei flussi carsici di giovani che cominciavano a pensare diverso alleati per cambiare un destino fin troppo banale. Libertari tanto da non giudicare mai il bene dal male, ma attenti a mischiare per capire.
Poi arrivò il sangue, il non ritorno per istanze che erano segnate dal terrore e il terrore uccise ogni cosa. Tutti, dico tutti, cercarono di “scappare”, e abbiamo lasciato in sospeso i nostri dubbi, ma anche che in quel male che ha fatto tutto nero abbiamo sacrificato più di qualche speranza.
Ci diedero l’eroina e i posti al catasto e alle cronache andò il dolore, il sangue, l’errore. Il resto fu omesso come dimenticare nel nero pesto della notte che prima c’è stato un tramonto sul mare.
Oggi torna l’errore in volti di vecchi, ma non sarei onesto se non dicessi che ci fu anche altro: ragazze e ragazzi che vivevano insieme, pari, ragazzi che discutevano di come sarebbe stato tutto diverso da ieri, poeti cantavano per strada, ragazzi disegnavano con altri colori e nascevano nuovi amori. Ciascuno provò ad essere un poco di più se stesso e non il destino segnato da genitori, preti, sapienti tristi, partiti che erano riti.
Papà voleva “il lavoro degno”, io gli dissi “e’ poco… noi vogliamo essere felici”.
Il rumore dei revolver, il sangue forse stanno nascosti nelle utopie come le sorprese nelle uova di Pasqua, ma vi assicuro che allora parlavamo di fiori e nelle piazze c’erano zingari felici. Poi… poi? Oggi diranno di cose vere e terribili, e lo sono, ma dovremmo anche dire degli altri quelli che non fecero altro male che immaginare.
Le idee nuove si fanno anziane e ricordo anche quelli che “non poterono invecchiare, uccisi nel delirio che fu accanto a noi”.