DI CLAUDIA SABA
Sono in fila alla cassa di un supermercato.
Davanti a me una signora e prima di lei una ragazza giovanissima che passa poche cose alla commessa.
Al momento dello scontrino apre la borsa.
È imbarazzata.
“Ho dimenticato il portafoglio”.
Lo dice a voce bassa e si fa fatica a sentirla.
Vorrei offrirmi di pagare al suo posto ma ci ripenso.
Potrebbe offendersi.
La guardo, è sempre più a disagio.
La signora davanti a me si fa subito avanti.
“Signorina non si preoccupi. Pago io la sua spesa”.
La ragazza si oppone ma la signora insiste.
Le sento parlare. “No, signora, lasci stare”.
“Ma come, non hai i soldi. Sono poche cose, pago io per te. Oggi tocca a me e forse domani toccherà a te. Tra noi dobbiamo sempre aiutarci ”.
Guardo i loro occhi.
E ci leggo dentro tutta la solidarietà di chi ha conosciuto l’amarezza di una vita piena di stenti.
Guardo la ragazza poi di nuovo la donna davanti a me.
Ha il volto segnato.
Mani screpolate e sciupate dal freddo.
Mani che hanno dentro la fatica di chi nella vita si è dovuta sudare tutto.
Passa la carta di credito alla cassiera e mi accorgo che si tratta di una carta speciale. È quella del Rdc.
Ho un guizzo al cuore.
“Piccola grande donna”, un gigante.
La più grande di tutti noi.
Così distanti dalla vita reale, dai problemi veri, dalla povertà che si respira e spesso evitiamo di guardare.
Ma poi accade di vederla proprio davanti ai nostri occhi.
E in quell’attimo la vita insegna quale sia “la vita vera”.
Fatta di ricchi e poveri
dove il povero non sempre è quello con la tasca vuota.
Le ho viste allontanarsi insieme.
Con le loro buste quasi vuote ma piene di dignità.
A casa ho guardato il mio frigo, la mia spesa, le mie buste piene da mettere a posto.
E mi sono vergognata.