DI LIDANO GRASSUCCI
Punizioni in catene, senti che ogni cosa deve essere vistata da un giudizio, da uno scopo, da una utilità.
Nuoti per galleggiare, voli per fare in fretta e così non capisci i pesci e gli uccelli e quindi ignori il fiume e il mare, ignori l’umano e il suo vivere vivendo.
Si trovò a fare senza altra catena che il fatto. La cosa, poi, si alimentò della sua corsa, come un vortice, come un mulinello e andare. Non si sentivano rumori, solo una sorgente, poi un rigagnolo, poi acqua che veniva da un sorgere poco più in la. E si lasciava andare la corsa dell’acqua quasi a fare carezze alle sponde, quasi a indugiare nelle sponde, poi anse dove l’acqua pareva respirare per ricominciare, sotto il pelo dell’acqua piante che crescevano sinuose nel verso della corrente e parevano con quella danzare, acque chiare.
Ora il rio si fa grande si fa forte, si fa sfrontato e le alghe sembrano aprirsi come mano che cerca di afferrare, di stringere di tastare. Il fiume “rumora” d’acqua e la sponda ora è a debita distanza dall’altra e lascia passare il fiume che cresce ancora di acqua tanta e si appresta a fare il piccolo salto di una cascata accelerando l’incedere come di foga alla sponda. Salto da togliere il fiato, da respiro trattenuto e giù sinuoso da fare di acqua mano di un disegnatore dal tratto deciso. Sarò il mare con la sua onda ad accogliere la forza del fiume alla sua foce, il mare apre all’orizzonte e la corrente arriva lontana da fare di mare fiume e fiume il mare.
Fattoalatina
Nella foto: Renato Guttuso, ritratto