I SOGNI DI ALESSIA

DI ANGELA AMENDOLA

Alessia Nobile è una giovane e bella donna pugliese che della provocazione ha fatto il suo stile di vita.

Ma ad Alessia la vita non ha regalato molti momenti felici.

Lei è la prima transgender che dopo aver fatto il cambio da MtF (da uomo a donna), è riuscita ad ottenere la registrazione del cambio all’anagrafe della sua Regione la Puglia.

Alessia dopo la laurea conseguita in Scienze sociali, ha affrontato da sola questo durissimo percorso.

Ho avuto modo di scambiare poche parole con lei su un social e il nome e il suo viso non mi erano nuovi, ma non riuscivo a capire dove avessi letto qualcosa al riguardo.

Ma ecco che improvvisamente ho ricordato di aver letto il suo nome più volte tra i giornali di gossip.

Mi sono infatti ricordata di un episodio durante una puntata dell’Isola dei famosi di qualche tempo fa. Il suo nome è stato collegato ad un naufrago per una frequentazione che i due avevano avuto, Ne avevo sentito parlare in una puntata di Pomeriggio Cinque, che seguo spesso. Alessia quando lo ha raccontato ad alcuni giornali non era tanto per far parlare di sé e avere un poco di visibilità, ma solo per far sì che un rapporto di qualunque tipo con un transgender diventi normalità. Bisognerebbe abbattere tanti tabu e permettere a tutti di vivere sinceramente i sentimenti e le emozioni alla luce del sole.

Ma se le si chiede semplicemente chi è Alessia Nobile? Lei risponde così:

“Sono una ragazza, la prima “transgender in Puglia” ad aver ottenuto il cambio anagrafico pur non avendo fatto l’intervento di riassegnazione. Per lo Stato sono donna, non ho più traccia della mia identità nel passato”.

“Sono laureata in scienze sociali ma non ho mai lavorato a causa del pregiudizio. È una questione diffusa in Italia, è dura trovare lavoro come trans”.

Alla domanda di come era “Alessia prima”, lei si apre senza timore e si racconta.

“Sono stata sempre “una donna in un involucro maschile”. Mi sono sempre sentita tale. Quando sei piccola, cresci in fretta. Già alla scuola elementare avevo capito che qualcosa non andava come gli altri. Avevo capito che c’era qualcosa che non mi rendeva comune agli altri maschietti. Ovviamente a quell’età, non capivo precisamente cosa significasse. Preferivo giocare con le amiche, mi sentivo più affine alle bimbe rispetto che ai bimbi. Per anni poi sono rimasta in quell’involucro maschile. Quando sei piccolo non puoi raccontare ai tuoi genitori che “qualcosa non sta andando”. Di fatto, non ho avuto un supporto familiare. Non avevo la possibilità di raccontarmi”.

Hai parlato ai tuoi genitori di quello che ti stava capitando?

“Ai miei genitori non ho detto nulla. Nel frattempo avevo iniziato a fare crescere i capelli e altre piccole cose che potevano ancora essere “accettate” anche per un ragazzo. Appena laureata, ho iniziato a fare il laser, ho iniziato a prendere forma perché in quel corpo maschile non potevo più stare. All’epoca la disforia di genere era ritenuta una malattia: sono andata in un reparto a Bari per le prime sedute psicologiche. Visto che i tempi per effettuare il percorso completo, però, erano lunghi, decisi di fare tutto da sola, non passando per la sanità pubblica”.

Come hai fatto per le spese sostenute? “Nel momento di transizione”.

Senza essere aiutata da nessuno?

“Durante gli anni di università, d’estate, lavoravo come barista per mantenermi. Ho continuato a fare questo lavoro anche dopo la laurea, così ho potuto mettere da parte i soldi per essere operata: verso i 22 anni mi feci il seno a Firenze. Intanto avevo eliminato la peluria dal volto e avevo i capelli lunghi. In precedenza mi ero rifatta anche il naso, grazie alla rinoplastica, al policlinico di Bari. Così, poi sono tornata a casa dai miei”.

“Ho detto: “Eccomi, io sono questa”. Mia madre ha avuto uno “shock”. E anche ora non condivide la questione. Di fatto, ho imparato la differenza tra accettare e accogliere, vivo una situazione di accettazione, non di accoglienza”.

“Mio padre, poi, mi ignora proprio. È una presenza più che un dialogo”.

“Effettivamente, iniziando questo percorso, ho perso tutto. Ho perso gli amici storici, mi hanno girato le spalle. E ho perso la possibilità di lavorare. Quindi gli unici che potrebbero rimanere sono i genitori, se non hai nemmeno quelli, di cosa stiamo parlando?”

“Avrei voluto una famiglia presente, che mi avrebbe accompagnata in ospedale ad esempio. Sono andata sotto i ferri senza poter dire a nessuno dove ero. Quando sono stata ricoverata mi hanno chiesto un numero telefonico da chiamare in caso di necessità: non sapevo quale numero poter lasciare”.

“Dopo l’anestesia, ho preso la borsa e me ne sono andata via da sola. Non ho avuto nemmeno la gioia di poter condividere con mia madre o mio padre quanto accaduto. Ma lasciare i figli in balia delle onde significa portarli anche a cadere in brutti giri. Per fortuna io sono riuscita a evitarli, ma c’è questa possibilità”.

“È vero, non mi hanno mai messo fuori dalla porta in ogni caso. E la loro stessa rigidità mi ha portata a non perdermi. Però ho fatto tutto questo percorso da sola, ho rischiato la vita, ho rischiato di entrare a contatto con la tossicodipendenza. Ma mi sono salvata”.

Cosa rispondono quando ti rechi ai colloqui di lavoro?

“Fino a qualche anno fa, quando avevo i documenti ancora al maschile, era ancora peggio. Ora invio il curriculum al femminile e non dico nulla, allora mi chiamano per il colloquio. Poi, dopo il colloquio, resto sempre al “ti facciamo sapere”… e non ti chiamano più. Non solo per un lavoro ma anche per una casa da affittare. Insomma, non riuscire a trovare lavoro ti distrugge. Così come avere una laurea, delle competenze e venire scartata solo per essere transgender. Questo nel tempo ti distrugge. Ecco, spesso si pensa che una trans allora sia mantenuta. Ma io non faccio una vita lussuosa, vivo del minimo indispensabile per vivere”.

Ora Alessia è in attesa di realizzare il suo sogno lavorativo e di pubblicare il libro autobiografico di cui mi auguro essere madrina.

Nell’attesa di leggere la sua storia in un libro, le faccio un po’ di domande.

A.AAlessia andrai a Sanremo quest’anno?

A.N. “Veramente non ho ancora deciso ma non è detto che non lo faccia”.

A.A. San Valentino: cosa rappresenta per te questa festa?

A.N. “E’ una festa che non ho mai avuto il piacere di vivere, perché non sono mai stata fidanzata. Da piccola sognavo di festeggiare San Valentino mano nella mano col mio innamorato e questo per sempre, ma non è stato così. Immagino quanto possa essere bello festeggiare san Valentino, e brindare all’amore il 14 febbraio…Chissà se arriverà.. Non è mai troppo tardi, ma non vivo questa mancanza come un dramma..”

A.A. Cos’è per te l’amore?

A.N. “L’amore è un sentimento bellissimo, non so se avrò mai il piacere di condividerlo totalmente con un uomo, sicuramente lo provo per la vita, per la mia famiglia, i miei amici e per gli ultimi. L’amore è incrocio di due corpi, complicità di menti, di sguardi, di passioni e di fusioni. Mai paragonarlo alla dipendenza .. L’amore avvolge, travolge ma non sopprime una o l’altra persona nella coppia”.

A.A. I sogni che avevi da ragazzina si sono realizzati? O si sono persi per strada?

A.N. “Sin da piccola sono stata una grande sognatrice. Guardavo i cartoni animati di magica Creamy e Lallabel e pensavo che anche io potessi trasformarmi in donna con la bacchetta magica. Donna sono diventata ma non grazie alla bacchetta magica. Sognavo il matrimonio, i figli e un bravo marito, oltre ad un bel lavoro. Tutto questo non si è realizzato. La strada è ancora lunga, chissà se altri sogni si realizzeranno e se altri andranno persi lungo il cammino. Qualche sogno nel cassetto ancora c’è e attendiamo”.

A.A. Alessia com’è il tuo uomo ideale?

A.N. “Il mio uomo ideale, intelligente, galante, affettuoso e ricco culturalmente. Mi deve catturare e amare in maniera incondizionata. Un uomo che vada oltre pregiudizi e convenzioni sociali. Una spalla su cui lasciarmi andare ,che mi prenda per mano e mi insegni a credere che gli uomini non sono tutti uguali. Non importa l’aspetto estetico, ma l’anima gentile e un cuore pieno d’amore”.

A.A. Vedo che sei una donna che viaggia spesso anche oltre confini, trovi differenza nel modo in cui ti accolgono fuori dai nostri confini, o come in Italia ci sono remore?

A.N. “L’Italia è totalmente fondata sul pregiudizio. Spesso sono A Berlino, Londra, Barcellona e la totale assenza del pregiudizio e discriminazione all’inizio, mi lasciava senza fiato. Si vive abbastanza bene fuori Italia. Puoi avere un lavoro, nessuno sguardo di derisione quando cammini al mattino per strada e si va avanti per competenze non per quello che sei. C’è molta più umanità che in Italia. L’Italia ormai è povera e sterile di valori e di tutto. Vorrei scappare e dimenticarla,.. ho subito tanto male qui. Vivere alla periferia da sempre in questa nazione non è per nulla facile. Ma anche questa è vita…”.

A.A. Si fa un gran parlare delle frasi offensive rivolte alle donne in TV nelle canzoni, ma in sostanza secondo te cosa si dovrebbe fare di reale, al posto del chiacchiericcio televisivo con donne, che a volte hanno la sola finalità di fare spettacolo?

A.N. In tv si parla di donne, di diritti, di violenza ai loro danni e di offese da maschilisti. Credo la forza di noi donne per combattere tutto queste avversità dovrebbe essere una forte colazione tra noi stesse. L’unione fa la forza! …meno rivalità tra donne e più unione sarebbe una forte barriera di difesa. Per molti uomini la donna è carne. La donna è corpo, anima e cuore, moglie e mamma. Anziché aprire polemiche e dibattiti su frasi offensive dette ai danni delle donne, bisognerebbe parlare di più del valore della Donna vista da più angolature, la donna come simbolo di vita”.

Mi auguro che Alessia riesca a realizzare i suoi sogni e ad allontanarsi da ciò che può diventare pericoloso per lei.

L’odio immotivato verso ciò che non conosciamo, impedisce la compassione ed empatia.

Quale intensità di dolore ha potuto raggiungere un individuo che si trova nel corpo sbagliato?

Noi non possiamo minimamente immaginarlo, ponendovi a paragone i nostri ordinari problemi esistenziali. La vita ci presenta dei problemi che affrontati nella giusta dimensione possono essere superati agevolmente.

Quanti e quanti giorni avrà trascorso arrovellandosi la mente e il cuore nel cercare disperatamente una possibile soluzione ai suoi problemi?

Noi di ScrepMagazine non vogliamo giustificare, condannare, esprimere giudizi e posizioni. Vorremmo solo un Mondo dove ognuno possa vivere felice esprimendo sinceramente quello che sente.

“Non ho mai avuto paura di percorrere le strade della vita SOLA, senza consensi e supporti. Ho sempre incontrato il SOLE anche quando ho attraversato sentieri bui…e dopo ogni salita mi son sempre ritrovata a SCENDERE le SCALE della FELICITÀ!“

(Alessia Nobile)